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lunedì 9 luglio 2012

L'Europa delle radio off-shore (parte seconda)

. A sei anni di distanza dalla nascita di Radio Merkur e Radio Veronica, il 27 marzo del 1964 iniziò a trasmettere, a largo delle coste inglesi, la ormai famosissima Radio Caroline e di lì a poco cominciarono le trasmissioni anche di Radio Atlanta. Le due radio in pochi mesi sconvolsero letteralmente il panorama radiofonico inglese tanto da catturare l’ascolto di circa cinque milioni di giovani britannici impazziti per la musica rock che la Bbc si rifiutava di trasmettere. A seguito del grande successo, per gestire meglio il bacino di ascolto e quindi anche la raccolta pubblicitaria, le due radio decisero di fondersi sotto il nome di Radio Caroline Nord e Radio Caroline South raggiungendo in poco tempo circa sette milioni di ascoltatori; intanto apriva i battenti anche una terza radio: Radio Soutch. La situazione nel Regno Unito però iniziò a scaldarsi in virtù dell’enorme successo di queste radio, il primo ente a lamentarsi della situazione di assoluta illegalità con la quale trasmettevano fu la Phonografic Performances (autorità inglese per i diritti d’autore) dal momento che nessuna delle radio off-shore pagava le quote relative ai dischi che venivano ogni giorno trasmessi. Nel frattempo però anche le agenzie pubblicitarie inglesi, utilizzando presta nomi francesi o olandesi, acquistavano spazi pubblicitari all’interno dei palinsesti delle radio pirata convinte che di lì a poco il governo avrebbe legalizzato queste stazioni diventate ormai concorrenti della Bbc. La fine del 1964 vide moltiplicare il numero di voci illegali, tra queste ricordiamo Radio Red Rose, Radio Shannon, Radio North Sea, Radio London ed iniziarono anche i primi tributi che le band inglesi dedicavano a queste radio che per prime trasmettevano la loro musica, incuranti dei testi che molto spesso venivano censurati dalle radio nazionali. Storica resterà l’intervista ai Beatles da parte dei dj di Radio Caroline e l’apparizione dei Beach Boys a Radio London.
Come detto, il dibattito politico intorno a questa vicenda si fece sempre più duro fino ad arrivare al 1966 anno in cui il parlamento inglese approvò una legge (Marine Brodcasting Offences Act) che vietava ogni tipo di trasmissione pubblica proveniente dai mari vicino all’Inghilterra e rendeva punibile chiunque avesse a che fare con le radio off-shore, dai dj a coloro che acquistavano spazi pubblicitari su di esse, insomma era punibile chiunque sostenesse la loro causa sia in mare che in terra. A seguito dell’approvazione di questa legge, iniziò una campagna di protesta da parte di tutte le stazioni pirata ma soprattutto dal pubblico degli ascoltatori che non voleva perdere le loro stazioni radiofoniche preferite. Il governo inglese, per calmare parzialmente gli animi, annunciò la conversione di una rete nazionale alla diffusione di musica pop e rock ma tutto ciò non fermò la protesta. Entro il 15 agosto 1967 tutte le radio illegali dovevano cessare di esistere e fu proprio così; molte stazioni off-shore chiusero i battenti e l’unica a resistere nei mesi e negli anni successivi, diventando il simbolo delle radio libere, fu Radio Caroline. La storia di questa radio è stata oggi ripresa e riadattata dal film “I Love Radio Rock” di Richard Curtis che racconta le vicende della fantomatica Radio Rock, ispirata appunto alla più famosa Radio Caroline, della sua programmazione e del suo staff di dj e tecnici. Dopo pochi mesi dall’attuazione della legge, il governo inglese come promesso realizzò una stazione radio dedicata completamente alla trasmissione di musica rock e pop, nacque così Bbc Radio One, nei cui studi lavorarono molti dj che avevano fatto precedentemente la fortuna delle radio pirata che ormai erano ritornate ad essere navi da trasporto o relitti abbandonati alla ruggine. Lo Spettatore

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