domenica 8 luglio 2012
L'Europa delle radio off-shore (parte prima)
Torniamo per un attimo agli anni cinquanta; in questo periodo il vecchio continente europeo dovette fare i conti con un nuovo fenomeno mediale, quello delle radio pirata. Con questo termine, s’intende l’attività di tutte quelle emittenti radiofoniche che trasmettevano illegalmente, sfidando e sfaldando i monopoli, da stazioni cosiddette off-shore in acque internazionali. In particolare, vecchie imbarcazioni abbandonate nei porti delle principali città del nord Europa venivano utilizzate da gruppi di giovani con il chiaro intento di trasmettere in piena libertà musica via radio. Il 2 agosto 1958, una delle radio pirata più famose, Radio Merkur, iniziò le sue trasmissioni, ovviamente senza possedere nessun tipo di autorizzazione. La stazione radio si trovava su una vecchia nave da trasporto che batteva bandiera panamense, ancorata nelle acque internazionali davanti a Copenaghen, in Danimarca .
Fu questo l’evento che segnò la nascita della prima radio pirata off-shore d’Europa, destinata insieme a tante altre a cambiare le modalità di ascolto radiofonico per tutto il pubblico europeo. Radio Merkur viveva solo grazie a proventi pubblicitari e trasmetteva ventiquattro ore su ventiquattro il rock ‘n’ roll proveniente dagli States, proprio quel tipo di musica che veniva totalmente trascurata dalle grandi stazioni nazionali (Bbc, Rai, Radio France Internationale). Dopo pochi giorni di trasmissione, il governo laburista danese chiese alle autorità panamensi di revocare immediatamente la licenza alla nave sulla quale Radio Merkur trasmetteva. Il governo di Panama, a seguito della sollecitazione proveniente dal governo danese, ordinò l’interruzione permanente delle trasmissioni o in alternativa, la revoca della registrazione navale. Gli organizzatori di Radio Merkur riuscirono ad aggirare l’ostacolo, spostando l’intera radio su una nuova imbarcazione panamense ma di proprietà di una fantomatica società svizzera. Questo geniale espediente permise a Radio Merkur di trasmettere ininterrottamente e liberamente fino al 12 giugno 1962, anno in cui il governo danese approvò una legge antiradiopirata che dichiarava illegale qualsiasi stazione radiofonica che trasmetteva in acque internazionali vicino alla Danimarca . L’obbiettivo del governo danese era quello di punire anche l’altissimo fatturato pubblicitario che Radio Merkur realizzò in pochi anni. Tra gli inserzionisti pubblicitari più famosi infatti, figuravano la Ford e l’American Tobacco le quali, in un anno circa di trasmissioni portarono nelle casse di questa radio off-shore circa 450.000 dollari. Nonostante il varo della legge antipirata, Radio Merkur continuò per i primi due mesi a trasmettere fino a quando la polizia danese, individuata la nave, distrusse tutte le apparecchiature per la trasmissione e sequestrò l’intera imbarcazione. L’esperienza di Radio Merkur poteva dirsi definitivamente conclusa ma grazie a questo evento tutta Europa era venuta a conoscenza del grandissimo potere comunicativo delle stazioni pirata off-shore. A distanza di qualche mese dalla nascita della pioniera Radio Merkur iniziò a trasmettere davanti alle coste olandesi Radio Veronica a bordo di una vecchia nave faro tedesca. Non aveva studi sulla nave e così i programmi venivano registrati in una località segreta dell’Olanda e solo successivamente trasportati a bordo della Borkum Riff, così si chiamava l’imbarcazione. A questo punto può essere interessante capire quali erano le condizioni di vita di chi trasmetteva su queste navi a largo delle coste internazionali. Solitamente le navi scelte per poter allestire una radio off-shore erano vecchie navi mercantili o navi faro che godevano in superficie di un ponte libero dove allestire le antenne e un sottoponte nel quale collocare la strumentazione. Purtroppo per loro però, l’antenna rendeva la nave molto più sensibile alle mareggiate e ai venti forti così era necessario collocarsi in una zona il più possibile riparata ma allo stesso tempo poco visibile. Come dicevamo, l’attrezzatura radio era situata sotto coperta insieme a dei grandi serbatoi di gasolio con i quali venivano alimentati i generatori di corrente, inoltre, le navi possedevano tutte dei rimorchiatori con i quali rientrare sulla terra ferma e poter leggere la corrispondenza degli ascoltatori oltre che fare rifornimento di gasolio, beni alimentari e ovviamente dischi di musica rock e pop. Era questa la vita di coloro che animavano le radio pirata, capaci di catturare l’interesse degli imprenditori americani che a loro volta avevano compreso come grazie ad una carente legislazione internazionale potessero occupare spazi pubblicitari che da anni venivano loro negati dai più grandi broadcaster europei. Insomma, i grandi monopoli del vecchio continente venivano messi in discussione da decine di radio illegali che, seguite da milioni di ascoltatori, diffondevano musica e cultura made in Usa provocando un sensibile calo di ascolti alle radio nazionali.
Lo Spettatore
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