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martedì 17 luglio 2012

Le radio libere in Italia, le voci fuorilegge (parte terza)

Tornando alle radio libere ricordiamo che sempre nel corso del 1975 iniziarono a trasmettere Radio Roma, una stazione generalista molto parlata in cui la musica si sentiva soltanto in sottofondo e una delle voci più importanti fu quella di un giovane Michele Plastino e Radio Antenna Musica chiamata in seguito semplicemente Ram. In tutta Italia invece, sempre nello stesso anno, si affermarono le voci di Radio Bra Onde Rosse (Cuneo), Radio Alice (Bologna) e Radio Città Futura (Torino e Roma). Radio Bra Onde Rosse sorse all’ultimo piano di un casa del centro storico di Bra, nella provincia di Cuneo. Il gruppo di persone che diedero vita a questa voce libera politicamente parlando, erano vicini al Pdup (Partito di unità proletaria per il comunismo), la programmazione era caratterizzata da una forte improvvisazione, venivano mandati in onda notiziari, si discuteva di politica, gli ascoltatori potevano intervenire in qualsiasi momento con una telefonata ed infine si lasciava abbastanza spazio alla messa in onda di canti popolari e politici. Durante la sua esperienza di controinformazione Radio Bra subì due sequestri ed il secondo fu sicuramente quello più duro tanto da impedire alla stessa emittente di andare in onda e per di più il proprietario degli impianti, Domenico Chiesa, venne condannato al pagamento di trentacinquemila lire per non aver denunciato il possesso degli apparecchi e fu rinviato alla Corte Costituzionale per aver violato i primi due articoli della legge di riforma Rai sul monopolio. Proprio questa decisione, che sollevò la questione di incostituzionalità della legge di riforma Rai, portò all’ approvazione della storica sentenza del 1976 che garantì, di fatto, la libertà d’antenna . In quegli anni come dicevamo prima iniziarono a trasmettere Radio Alice e Radio Città Futura a Roma e in seguito anche a Torino (in realtà erano due stazioni differenti ma che utilizzavano lo stesso nome). Fu l’inizio di un percorso, quello di queste radio, che aprendo un dibattito serio sulla libertà d’informazione avrebbe portato alla fine dell’esperienza monopolistica ritenuta ormai da molti lottizzata e malata dalle logiche perverse della politica. Radio Alice come molte altre radio dell’epoca trasmetteva senza avere un palinsesto di rifermento anzi, l’improvvisazione era il vero cavallo di battaglia di questa emittente. Molto apprezzate furono in quegli anni le trasmissioni dedicate allo yoga o alle favole per bambini anche se un ruolo molto privilegiato era affidato alla musica infatti venivano trasmessi in quegli anni pezzi di musicali provenienti dall’Inghilterra vicini al mondo del punk ma anche cantautori italiani non necessariamente legati alla tradizione popolare o politica . Radio Città Futura invece puntò su una formula aperta che dava largo spazio al confronto in diretta con il pubblico degli ascoltatori, alle rassegne stampa e ai dibattiti in studio. In alcune occasioni questa radio ospitò e fece parlare in diretta anche molti dissidenti del regime sovietico e castrista alimentando quindi la polemica nei confronti della sinistra “ufficiale” rappresentata dal Pci . All’inizio del 1976 si registrò la nascita di nuove antenne libere come Radio Popolare, Controradio e Radio Radicale. Radio Popolare nacque dall’unione di Radio Milano Centrale ed una serie di movimenti sindacali e politici vicini alla sinistra extraparlamentare: Fiom, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Pdup e altri ancora. Controradio invece nacque a Firenze e l’elemento che la rese famosa fu sicuramente l’originalità del palinsesto, infatti durante le dirette parlavano giovani ma anche personaggi insospettabili come casalinghe, professori e naturalmente operai. Radio Radicale iniziò a trasmettere dal marzo del 1976, il palinsesto abituale prevedeva molta informazione (notiziari della redazione, rassegne stampa), musica, servizi culturali ma soprattutto collegamenti all’interno delle Camere istituzionali per seguire da vicino i lavori parlamentari, fu questo l’elemento di novità portato da questa radio. Tra il 1975 e l’inizio del ‘76 si potevano contare in Italia circa 300 radio libere naturalmente tutte fuorilegge, con il rischio di essere sequestrate da un momento all’altro, almeno fino alla storica sentenza del 28 luglio 1976 che ne proclamò la legittimità. Lo Spettatore

sabato 14 luglio 2012

Le radio libere in Italia, le voci fuorilegge (parte seconda)

A Milano invece il 1° marzo 1975 partì l’avventura di Radio Milano International, la prima radio indipendente del capoluogo lombardo. La sua redazione si costituiva di tre giovani: i fratelli Angelo e Rino Borra e Nino Cozzi. Radio Milano International trasmetteva tre ore al giorno dalle diciassette alle venti, la conduzione era spontanea, ricca di americanismi e musica pop anglosassone. In realtà per i primi giorni le trasmissioni vennero mandati in onda in differita per la paura di subire sequestri da parte della polizia così, si registrava su un nastro in studio e poi si irradiava il tutto solo in seconda battuta. Nell’aprile dello stesso anno però RMI fu soggetta al primo sequestro dei locali e delle apparecchiature, ma uno dei responsabili della radio, Angelo Borra, presentò ricorso e il tribunale milanese pronunciò una sentenza che permise alla radio di trasmettere purché questa “non disturbasse la ricezione delle normali emittenti di Stato ”. Con il passare dei mesi Radio Milano International passò da una gestione per così dire “familiare” ad una struttura più professionale grazie alla collaborazione con dj o giornalisti esterni, due su tutti: Claudio Cecchetto e Paolo Limiti. Grazie a queste diverse esperienze, in Italia si iniziò veramente a respirare la volontà di superare l’impostazione ideologica del monopolio pubblico di stato per il settore radiotelevisivo.
L’idea di creare tante “antenne libere” venne sostenuta da intellettuali, giornalisti e militanti delle più svariate estrazioni ma furono soprattutto i giovani a volere uscire con il mezzo radiofonico dalle assemblee studentesche con il chiaro intento di raccontare il loro mondo che molto spesso invece, dalla classe politica e istituzionale, veniva emarginato. La possibilità di aprire radio libere rappresentò per tutti questi gruppi un’occasione imperdibile. Fu così che oltre a Radio Milano International che seguiva un filone diciamo più commerciale, nacquero sempre nel capoluogo lombardo Canale 96 e Radio Milano Centrale. Canale 96 aveva l’ambizione di diventare la principale voce di controinformazione di Milano, fu una stazione assolutamente politicizzata e militante dichiarandosi apertamente “la radio della sinistra milanese”. Il linguaggio adottato nelle rubriche era volutamente partigiano e l’informazione data si caratterizzava per una grande semplicità perché l’ascoltatore tipo della stazione doveva essere il classico “uomo della strada”. Radio Milano Centrale invece fu una stazione aperta a contributi più vari, venne fondata da un gruppo di giornalisti e conduttori di formazione Rai desiderosi di una maggiore autonomia. Il primo direttore fu Mario Luzzatto Fegiz, giornalista del Corriere della Sera e già collaboratore di altre stazioni radiofoniche. Fu una radio questa che prestava molta attenzione all’informazione (come collaboratore infatti lavorava un giovane Michele Cucuzza) e all’approfondimento cercando di dedicare spazio ai problemi sociali, sindacali, politici. Naturalmente non poteva mancare la buona musica trasmessa da un giovane italoamericano, Eugenio Finardi, e molto seguita fu anche una rubrica che trasmetteva istruzioni e consigli su contraccettivi e aborto . Radio Milano Centrale fu appoggiata da movimenti sindacali e politici della sinistra extraparlamentare e raggiunse in tutta Milano alto gradimento e ascolti elevati. Intanto nell’aprile del 1975 venne approvata in parlamento la legge di riforma Rai con l’obbiettivo di garantire a tutti i soggetti politici e sociali di essere in qualche modo rappresentati all’interno dell’ente. Negli anni seguenti però l’obbiettivo di fondo non venne mantenuto e nella Rai stessa venne dato il via alla logica della cosiddetta lottizzazione ovvero una spartizione da parte dei partiti politici delle cariche aziendali e dei canali radiotelevisivi nazionali, inoltre, con questa legge veniva ribadita l’esistenza del monopolio radiotelevisivo nazionale Lo Spettatore

venerdì 13 luglio 2012

Le radio libere in Italia, le voci fuorilegge (prima parte)

In Italia, come abbiamo precedentemente detto, gli anni ’70 furono anni di contestazione, in cui i gruppi sociali che da sempre si erano trovati ai margini della vita pubblica (giovani, donne, operai) iniziarono a chiedere maggiore considerazione e soprattutto ascolto alle loro istanze di rinnovamento. Le radio Rai, di fatto, non toccavano temi scottanti o meritevoli comunque di essere affrontati, le ore dedicate alle trasmissioni di musica rock e più in generale di musica giovanile erano molto limitate, le realtà sociali provenienti dal mondo delle università e delle fabbriche venivano totalmente oscurate. Fu così che per molti di questi gruppi, la radio rappresentò il mezzo per esprimersi, per discutere dei temi reali che il nostro paese affrontava in quegli anni, per ascoltare musica che magari “mamma Rai” per i suoi testi “piccanti” preferiva censurare. Tutto ciò spiega il proliferare già nei primi anni settanta di moltissime radio pirata che non curanti degli obblighi di legge, trasmisero da ogni angolo del paese, con l’obbiettivo di realizzare una controinformazione rispetto a quella istituzionale o più semplicemente ascoltare musica alternativa in modalità no stop. Una delle primissime radio a vedere la luce nel 1974 fu Radio Bologna.
Questa radio trasmetteva da una roulotte nelle campagne bolognesi, vicino alla casa di un contadino, il suo staff era costituito da un insieme di giovani e impiegati che armati di registratore vocale giravano per i quartieri o per i luoghi di lavoro e raccoglievano opinioni riguardanti temi di interesse generale. Radio Bologna ebbe un palinsesto molto versatile, venivano trasmessi non soltanto comizi politici o interviste ma anche reportage sulle ripercussioni che la crisi economica degli anni settanta aveva prodotto sulla vita delle famiglie e nelle fabbriche e ovviamente veniva trasmessa anche della buona musica, soprattutto jazz e classica. Radio Bologna in quegli anni accese una miccia destinata a diventare un grande focolaio in tutta Italia. Il 1° gennaio del 1975 iniziò a trasmettere Radio Parma, fu promossa da un imprenditore locale, il cavaliere Virginio Menozzi, e si caratterizzava per una programmazione molto generalista simile a quella Rai. Nel palinsesto erano presenti notiziari locali ma anche moltissime rubriche come ad esempio Dove andiamo stasera? che faceva il punto su tempo libero, mostre e spettacoli e per finire l’oroscopo e la politica con la trasmissione dei consigli comunali e provinciali di Parma. Lo Spettatore

giovedì 12 luglio 2012

La leggenda di Radio Caroline (seconda parte)

Con questo tragico evento si pose fine alla prima fase di vita di Radio Caroline. La notizia dell’affondamento venne coperta da tutti i principali media suscitando molto stupore e manifestazioni di solidarietà per tutto l’equipaggio che nel frattempo doveva fare i conti con la giustizia inglese. Il fondatore di Radio Caroline, Ronan O’Rahilly, non si diede per vinto e subito dopo l’affondamento della nave cercò nuovi finanziatori per far proseguire anche in futuro questa esperienza. Ci vollero tre anni per trovare il denaro necessario per comprare una nuova nave e ricostruire la strumentazione necessaria a trasmettere e nonostante tutto, nell’agosto 1983 la voce di Radio Caroline tornò a squillare nell’etere.
Dopo la “ristrutturazione” Radio Caroline trasmetteva dalla nave Ross Revenge e seppur con qualche problema di tanto in tanto, le trasmissioni continuarono quasi ininterrottamente fino al 1987. In tutto questo periodo però le rappresaglie del governo inglese verso i sostenitori di questa stazione continuarono, furono molti infatti gli ex dj ad essere multati o arrestati per aver trasmesso in passato sulla Mi Amigo. Nell’agosto del 1989 il governo inglese decise di porre definitivamente fine alla vicenda inviando vicino alla Ross Revenge una nave tedesca con a bordo militari olandesi, francesi, inglesi e belga. L’esercito sceso dalla nave Volants distrusse praticamente tutte le apparecchiature e l’intero equipaggio di Radio Caroline venne arrestato, le motivazioni che avevano spinto il governo inglese a procedere in tal senso furono due: Radio Caroline causava interferenze alle frequenze di uso nautico, inoltre la nave che la ospitava non possedeva più la registrazione navale perché scaduta nel 1987. Fu questa la fine della più importante e apprezzata radio off-shore di tutti i tempi che lasciò un segno indelebile nella cultura inglese ed europea per quasi un trentennio. Lo Spettatore

mercoledì 11 luglio 2012

La leggenda di Radio Caroline (prima parte)

Con l’effettiva entrata in vigore del provvedimento emanato dal parlamento inglese con il quale si poneva di fatto fine all’esperienza delle radio pirata, tutte le navi e le stazioni radiofoniche vennero smantellate e vendute all’asta. Soltanto un gruppo di persone credeva ancora nel progetto della radiofonia libera, il gruppo di Radio Caroline. Nell’arco di tempo compreso tra il 1968 e il 1972 le due navi che ospitarono Radio Caroline Nord e Radio Caroline South, la Mi Amigo e la Caroline, furono vendute all’asta e le apparecchiature totalmente smontate e abbandonate. Il principale problema da risolvere, se si voleva riattivare Radio Caroline, era quello di trovare importanti finanziatori capaci di coprire gli alti costi di gestione. Nel caso della radio in questione il finanziamento più importante arrivò dall’Olanda che permise allo staff di Radio Caroline di riacquistare la nave Mi Amigo e, dopo mesi di lavoro per riparare impianti e antenne, tornare in azione esattamente il 5 settembre 1972 , trasmettendo a largo delle coste olandesi.
Solo l’anno successivo però le trasmissioni ripresero in maniera regolare perché con quattro anni di inattività gli impianti avevano subito danni notevoli, tali da impedire il ripristino delle trasmissioni nel breve periodo. Rispetto agli anni sessanta la programmazione cambiò notevolmente, la maggior parte dei dj di Radio Caroline erano hippie e molto spesso mandavano in onda solo e soltanto musiche psichedeliche, inoltre venivano anche affrontati temi nuovi come gli insegnamenti della non violenza di Mahatma Gandhi oppure si parlava del movimento antirazzista i cui primi passi furono mossi grazie alla figura carismatica di Martin Luther King assassinato nell’aprile del 1968. In poco tempo, gli ascolti di Radio Caroline si moltiplicarono a tutto svantaggio della Radio Bbc One, i giovani preferivano gli hippie e i loro nuovi temi su cui discutere e ragionare. Fu nel corso del 1974 che il governo olandese emise una severa legge contro le stazioni pirata, e nell’anno successivo tutte le stazioni illegali furono costrette a spostarsi nelle acque internazionali vicine alle coste inglesi. In questo periodo tutti coloro che venivano scoperti a collaborare con le radio off-shore erano perseguibili a norma di legge. Gli anni 1978-1979 si caratterizzarono per una sempre maggiore difficoltà nel reperire investimenti pubblicitari provenienti dagli investitori inglesi, questa situazione determinò una grave crisi economica per lo staff di Radio Caroline che, in occasione della rottura di un generatore elettrico, costò alla radio stessa la chiusura delle trasmissioni per qualche mese ma il peggio arrivò di lì a poco. Nella notte del 20 marzo 1980, durante un temporale, la nave Mi Amigo perse l’ancora ed entrò in collisione con un grosso banco di sabbia, i danni furono irreparabili e la nave che aveva ospitato la più celebre radio pirata di sempre, naufragò a largo delle acque internazionali che la ospitavano. Tutto lo staff dei dj e l’intero equipaggio della nave furono tratti in salvo dalla guardia costiera inglese che dopo essersi sincerata delle condizioni di salute dei naufraghi, li consegnò alla polizia.

lunedì 9 luglio 2012

L'Europa delle radio off-shore (parte seconda)

. A sei anni di distanza dalla nascita di Radio Merkur e Radio Veronica, il 27 marzo del 1964 iniziò a trasmettere, a largo delle coste inglesi, la ormai famosissima Radio Caroline e di lì a poco cominciarono le trasmissioni anche di Radio Atlanta. Le due radio in pochi mesi sconvolsero letteralmente il panorama radiofonico inglese tanto da catturare l’ascolto di circa cinque milioni di giovani britannici impazziti per la musica rock che la Bbc si rifiutava di trasmettere. A seguito del grande successo, per gestire meglio il bacino di ascolto e quindi anche la raccolta pubblicitaria, le due radio decisero di fondersi sotto il nome di Radio Caroline Nord e Radio Caroline South raggiungendo in poco tempo circa sette milioni di ascoltatori; intanto apriva i battenti anche una terza radio: Radio Soutch. La situazione nel Regno Unito però iniziò a scaldarsi in virtù dell’enorme successo di queste radio, il primo ente a lamentarsi della situazione di assoluta illegalità con la quale trasmettevano fu la Phonografic Performances (autorità inglese per i diritti d’autore) dal momento che nessuna delle radio off-shore pagava le quote relative ai dischi che venivano ogni giorno trasmessi. Nel frattempo però anche le agenzie pubblicitarie inglesi, utilizzando presta nomi francesi o olandesi, acquistavano spazi pubblicitari all’interno dei palinsesti delle radio pirata convinte che di lì a poco il governo avrebbe legalizzato queste stazioni diventate ormai concorrenti della Bbc. La fine del 1964 vide moltiplicare il numero di voci illegali, tra queste ricordiamo Radio Red Rose, Radio Shannon, Radio North Sea, Radio London ed iniziarono anche i primi tributi che le band inglesi dedicavano a queste radio che per prime trasmettevano la loro musica, incuranti dei testi che molto spesso venivano censurati dalle radio nazionali. Storica resterà l’intervista ai Beatles da parte dei dj di Radio Caroline e l’apparizione dei Beach Boys a Radio London.
Come detto, il dibattito politico intorno a questa vicenda si fece sempre più duro fino ad arrivare al 1966 anno in cui il parlamento inglese approvò una legge (Marine Brodcasting Offences Act) che vietava ogni tipo di trasmissione pubblica proveniente dai mari vicino all’Inghilterra e rendeva punibile chiunque avesse a che fare con le radio off-shore, dai dj a coloro che acquistavano spazi pubblicitari su di esse, insomma era punibile chiunque sostenesse la loro causa sia in mare che in terra. A seguito dell’approvazione di questa legge, iniziò una campagna di protesta da parte di tutte le stazioni pirata ma soprattutto dal pubblico degli ascoltatori che non voleva perdere le loro stazioni radiofoniche preferite. Il governo inglese, per calmare parzialmente gli animi, annunciò la conversione di una rete nazionale alla diffusione di musica pop e rock ma tutto ciò non fermò la protesta. Entro il 15 agosto 1967 tutte le radio illegali dovevano cessare di esistere e fu proprio così; molte stazioni off-shore chiusero i battenti e l’unica a resistere nei mesi e negli anni successivi, diventando il simbolo delle radio libere, fu Radio Caroline. La storia di questa radio è stata oggi ripresa e riadattata dal film “I Love Radio Rock” di Richard Curtis che racconta le vicende della fantomatica Radio Rock, ispirata appunto alla più famosa Radio Caroline, della sua programmazione e del suo staff di dj e tecnici. Dopo pochi mesi dall’attuazione della legge, il governo inglese come promesso realizzò una stazione radio dedicata completamente alla trasmissione di musica rock e pop, nacque così Bbc Radio One, nei cui studi lavorarono molti dj che avevano fatto precedentemente la fortuna delle radio pirata che ormai erano ritornate ad essere navi da trasporto o relitti abbandonati alla ruggine. Lo Spettatore

domenica 8 luglio 2012

L'Europa delle radio off-shore (parte prima)

Torniamo per un attimo agli anni cinquanta; in questo periodo il vecchio continente europeo dovette fare i conti con un nuovo fenomeno mediale, quello delle radio pirata. Con questo termine, s’intende l’attività di tutte quelle emittenti radiofoniche che trasmettevano illegalmente, sfidando e sfaldando i monopoli, da stazioni cosiddette off-shore in acque internazionali. In particolare, vecchie imbarcazioni abbandonate nei porti delle principali città del nord Europa venivano utilizzate da gruppi di giovani con il chiaro intento di trasmettere in piena libertà musica via radio. Il 2 agosto 1958, una delle radio pirata più famose, Radio Merkur, iniziò le sue trasmissioni, ovviamente senza possedere nessun tipo di autorizzazione. La stazione radio si trovava su una vecchia nave da trasporto che batteva bandiera panamense, ancorata nelle acque internazionali davanti a Copenaghen, in Danimarca .
Fu questo l’evento che segnò la nascita della prima radio pirata off-shore d’Europa, destinata insieme a tante altre a cambiare le modalità di ascolto radiofonico per tutto il pubblico europeo. Radio Merkur viveva solo grazie a proventi pubblicitari e trasmetteva ventiquattro ore su ventiquattro il rock ‘n’ roll proveniente dagli States, proprio quel tipo di musica che veniva totalmente trascurata dalle grandi stazioni nazionali (Bbc, Rai, Radio France Internationale). Dopo pochi giorni di trasmissione, il governo laburista danese chiese alle autorità panamensi di revocare immediatamente la licenza alla nave sulla quale Radio Merkur trasmetteva. Il governo di Panama, a seguito della sollecitazione proveniente dal governo danese, ordinò l’interruzione permanente delle trasmissioni o in alternativa, la revoca della registrazione navale. Gli organizzatori di Radio Merkur riuscirono ad aggirare l’ostacolo, spostando l’intera radio su una nuova imbarcazione panamense ma di proprietà di una fantomatica società svizzera. Questo geniale espediente permise a Radio Merkur di trasmettere ininterrottamente e liberamente fino al 12 giugno 1962, anno in cui il governo danese approvò una legge antiradiopirata che dichiarava illegale qualsiasi stazione radiofonica che trasmetteva in acque internazionali vicino alla Danimarca . L’obbiettivo del governo danese era quello di punire anche l’altissimo fatturato pubblicitario che Radio Merkur realizzò in pochi anni. Tra gli inserzionisti pubblicitari più famosi infatti, figuravano la Ford e l’American Tobacco le quali, in un anno circa di trasmissioni portarono nelle casse di questa radio off-shore circa 450.000 dollari. Nonostante il varo della legge antipirata, Radio Merkur continuò per i primi due mesi a trasmettere fino a quando la polizia danese, individuata la nave, distrusse tutte le apparecchiature per la trasmissione e sequestrò l’intera imbarcazione. L’esperienza di Radio Merkur poteva dirsi definitivamente conclusa ma grazie a questo evento tutta Europa era venuta a conoscenza del grandissimo potere comunicativo delle stazioni pirata off-shore. A distanza di qualche mese dalla nascita della pioniera Radio Merkur iniziò a trasmettere davanti alle coste olandesi Radio Veronica a bordo di una vecchia nave faro tedesca. Non aveva studi sulla nave e così i programmi venivano registrati in una località segreta dell’Olanda e solo successivamente trasportati a bordo della Borkum Riff, così si chiamava l’imbarcazione. A questo punto può essere interessante capire quali erano le condizioni di vita di chi trasmetteva su queste navi a largo delle coste internazionali. Solitamente le navi scelte per poter allestire una radio off-shore erano vecchie navi mercantili o navi faro che godevano in superficie di un ponte libero dove allestire le antenne e un sottoponte nel quale collocare la strumentazione. Purtroppo per loro però, l’antenna rendeva la nave molto più sensibile alle mareggiate e ai venti forti così era necessario collocarsi in una zona il più possibile riparata ma allo stesso tempo poco visibile. Come dicevamo, l’attrezzatura radio era situata sotto coperta insieme a dei grandi serbatoi di gasolio con i quali venivano alimentati i generatori di corrente, inoltre, le navi possedevano tutte dei rimorchiatori con i quali rientrare sulla terra ferma e poter leggere la corrispondenza degli ascoltatori oltre che fare rifornimento di gasolio, beni alimentari e ovviamente dischi di musica rock e pop. Era questa la vita di coloro che animavano le radio pirata, capaci di catturare l’interesse degli imprenditori americani che a loro volta avevano compreso come grazie ad una carente legislazione internazionale potessero occupare spazi pubblicitari che da anni venivano loro negati dai più grandi broadcaster europei. Insomma, i grandi monopoli del vecchio continente venivano messi in discussione da decine di radio illegali che, seguite da milioni di ascoltatori, diffondevano musica e cultura made in Usa provocando un sensibile calo di ascolti alle radio nazionali. Lo Spettatore