Sono già trascorsi trentatrè anni da quel maledetto 9 Maggio 1978. Fu proprio durante quella giornata, ricordata da molti come la più "buia" in assoluto per la storia repubblicana, che in via Caetani, vicino a via Delle Botteghe Oscure (dove era situata la sede del Pci) venne ritrovato, a bordo di una Renault 4 rossa, il corpo senza vita dell'Onorevole Aldo Moro, leader democristiano, assassinato come il peggiore dei cani dalle Brigate Rosse. Quel giorno viene ricordato oggi soprattutto per questo accadimento, un ritrovamento quello di Moro, che rappresentava agli occhi dei più, come il momento più drammatico e tragico degli "anni di piombo" segnati inevitabilmente dalla lotta dello Stato contro il terrorismo rosso e nero. Tutti ricordano le immagini del cadavere dello statista democristiano trasmesse e ritrasmesse dalla televisione, la voce di Bruno Vespa, all'epoca redatorre del Tg1, rotta dall'emozione, le polemiche che seguirono nei mesi successivi tra le forze politiche per come era stata gestita la trattativa dello Stato con le Br. Insomma, da quel momento in poi il 9 Maggio per tutti gli anni a seguire sarebbe stato ricordato come la "La notte della Repubblica" per citare un film famoso, segnato inesorabilmente dalla fine tragica dell'uomo politico che forse avrebbe potuto cambiare il corso della storia della ormai sepolta "prima Repubblica". Tutti in Italia ricordano questa storia, pochi invece ne conosco un'altra, altrettanto drammatica, altrettanto importante e che, proprio perchè si concluse tragicamente lo stesso giorno del ritrovamento del corpo dell'On. Moro, per molto tempo è rimasta nella penombra, anzi nell'anonimato. La storia che in questo mio piccolo spazio voglio ricordare è quella di Giuseppe Impastato, detto Peppino dagli amici e da chi lo ha potuto conoscere di persona, giovane "giornalista" assasinato la sera del 9 Maggio 1978 dalla Mafia del suo paese, Cinisi, piccolo centro della provincia di Palermo. Ci tengo a ricordare Peppino sostanzialmente per due motivi: il primo perchè con la sua attività di speaker radiofonico, con le sue proteste, con le sue lotte di partito è riuscito a mettere in luce una realtà sciagurata di cui tutti nel suo paese conoscevano l'esistenza ma per l'omertà e la paura, che in questi casi regna sovrana, nessuno era in grado o poteva denunciare; ed il secondo motivo è perchè per me Peppino è un pò un mio collega; anche lui era un ragazzo come me, anche lui utilizzava un medium come me per esprimere e denunciare ciò che vedeva non corretto o giusto intorno a lui; certo, la radio non può essere paragonata ad un blog ma lasciatemi pensare che in fondo tra questi due mezzi di comunicazione non c'è poi questa grande differenza. La vicenda di Peppino è una di quelle storie molto particolari che hanno uno sviluppo locale ma che poi inevitabilmente assumono per forza di cose anche una risonanza ed un valore di carattere nazionale. Prima però di andare avanti vorrei brevemente ricordare la sua storia, per chi (come me fino a qualche anno fa) non la conoscesse. Peppino era figlio di Luigi e Felicia Impastato, aveva un fratello più piccolo, Giovanni, e fin dalla sua nascita la sua famiglia era ben inserita negli ambienti mafiosi locali. Fu da ragazzo che si avvicinò alla politica e al giornalismo, con un gruppo di amici fondò un giornale locale dal titolo "L'Idea Socialista" e da lì a qualche anno diede vita anche ad un circolo culturale. La svolta però del suo impegno politico e civico arrivò nel 1977 quando insieme ai suoi amici più stretti fondò "Radio Aut", una radio locale dalla quale denunciava gli affari sporchi della Mafia locale, guidata dall'allora boss, Tano Badalamenti. Peppino era una spina nel fianco per la cosca mafiosa locale, alla radio dedicava trasmissioni intere al tema della mafia, denunciandola ma anche e soprattutto deridendola grazie alla rubrica "la Cretina Commedia" ma, alla fine della storia, fu proprio questo suo grande impegno politico a costargli la vita.
La sera del 9 Maggio 1978 infatti, un gruppo di sicari locali, mandati da Tano Badalamenti, prelevò Peppino dalla sua macchina, lo picchiò a sangue ed infine decise di farlo saltare in aria con decine di chili di tritolo nei pressi della stazione ferroviaria locale. Tutto ciò avveniva proprio a qualche settimana di distanza dalle elezioni comunali per le quali il giovane Impastato si era candidato nella lista di Democrazia Proletaria, con l'obiettivo di controllare "Mafiopoli", come lui definiva spesso Cinisi, dall'alto. Dopo il ritrovamento di ciò che rimaneva del suo corpo, la polizia archiviò il caso dichiarando semplicemente che Peppino si era suicidato; fu questa la versione ufficiale fino a qualche anno fa, quando grazie all'opera del fratello Giovanni, il caso venne riaperto e venne riconosciuta la piena colpevolezza di don Tano. Beh, la storia di Peppino a mio avviso può insegnarci molto: per prima cosa, secondo me, ci insegna ad andare in fondo alle questioni anche se poi questo significa pagare un prezzo molto alto. Peppino non solo era visto probabilmente di cattivo occhio dalla maggioranza della popolazione locale ma, assumendosi un impegno di questo livello, quello della denuncia sociale, aveva anche dovuto interrempore i rapporti con il proprio padre e lasciare la sua casa famigliare, come un terrorista, un appestato. Indipendentemente da questo però, la sua opera con Radio Aut resta grandissima, la sua denuncia, la sua tenacia, la sua voglia di cambiare e migliorare la sua terra, la Sicilia, resta un punto di riferimento indelebile per tutti i movimenti che si battono giorno per giorno contro le mafie, diffuse purtroppo su tutto il nostro territorio nazionale, nessuna regione esclusa! Per tutto il tuo impegno Peppino, per averci insegnato a non mollare mai, per averci fatto capire quanto importante siano le parole libertà, giustizia, legalità, impegno civico, per averci fornito un esempio straordinario di denuncia a tutte le criminalità organizzate locali, io mi sento di dirti GRAZIE e ricordati con lo slogan che tantissimi ragazzi e ragazze cantarono ai tuoi funerali:"Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno, MAI!".
Lo Spettatore
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